Il clandestino (in noi)

“Qualche volta mi dicono: sei fuori di testa, sei pazza. Ma io mi sento come loro, sono dentro la realtà, vera e autentica (per me) e non capisco cosa vogliano dire. Faccio tutte le mie cose di tutti i giorni, vado anche dal mio terapeuta e vedo qualche volta la psichiatra.
Questo era il passato.
Poi è venuto il presente e ho conosciuto un me un po’ pazzo che sa creare storie e immagina realtà non esistenti, ma lo vedo e quando la mente scivolerebbe via, la riprendo e mi allontano dai miei deliri. Li guardo dall’alto e penso che è strana la compresenza di un me che osserva una parte di me che pensa/agisce per suo conto. Eppure sento che sono guarita, e così confermano. Chissà se nel passaggio ho guadagnato o perso libertà.”

Questa testimonianza che Metabolè ha raccolto, apre una delle tante riflessioni sul funzionamento della nostra mente. Tema non nuovo nelle occasioni di incontro dell’associazione e nella iniziativa che proponiamo in collaborazione con il Candiani, si presenta con la veste del monologo teatrale.

Stefano Codolo è l’autore del testo e l’interprete del suo monologo che come un flusso di coscienza ci conduce nei suoi deliri durati 2 mesi e nati durante il percorso di guarigione da una importante e grave malattia.
Un racconto nel racconto, una vita parallela non senza autenticità per chi la vive. Il delirio nasce dalla sofferenza (e reca sofferenza). Come dice Stefano Codolo, Roy, il replicante di Blade Runner “fugge per salvare la propria vita ‘a termine’ e così anche il protagonista del monologo fugge, ma non sa bene perché e non sa bene da cosa e da chi, forse non sa nemmeno chi è.” In certe situazione si deve attraversare il fiume in piena per arrivare da qualche parte e quel qualche parte sarebbe nulla senza il percorso che abbiamo fatto.

E’ del cammino che Il Clandestino ci parla.

Lo spettacolo con la regia di Piero Ristagno è già stato rappresentato ad Urbania nella rassegna Teatri della diversità, a Catania e a Portogruaro.